Un tempo

La  filiera della farina di castagne

Un tempo…

Angela di Castagnola

Le castagne, alimento base degli abitanti 

Fino agli anni sessanta, quando l’emigrazione  iniziò ad allontanare gradualmente gli abitanti dal paese fino a renderlo quasi disabitato, le castagne costituivano il principale mezzo di sostentamento della popolazione. Le asperità del terreno rendevano difficile la coltivazione di cereali e i raccolti non erano mai molto abbondanti. Ricordava il sig. Pierino: 

Le famiglie che ottenevano il maggiore raccolto di frumento non superavano il  quintale l’anno, ed erano famiglie di 10 persone circa”.

Le altre coltivazioni erano costituite prevalentemente da patate, pochi legumi e ortaggi.

E’ quindi facile comprendere che le castagne costituivano una risorsa indispensabile e che gli abitanti dedicavano molto tempo e lavoro alle diverse fasi della loro coltivazione e lavorazione, a partire dalla cura dei castagni fino alla produzione della farina di castagne.

Grazie alla testimonianza degli ultrasettantenni originari di Castagnola, alcuni dei quali ancora residenti nel paese, abbiamo potuto ricostruirne le fasi principali.

I castagni di Castagnola A Castagnola crescono differenti varietà di castagni che producono castagne di diverso tipo. Il signor Lino raccontava: “Si raccoglievano principalmente queste varietà di castagne:

  • le sciatzere, le migliori per produrre la farina;
  • le bunaivere, piuttosto piccole ma molto numerose, infatti un riccio ne può contenere anche 4 o 5;
  • le magione, grosse ma non sempre sane;
  • le mazarote, adatte per fare i “baleti”;
  • le russareine, abbastanza piccole ma molto saporite.

 

    2. La cura dei castagni

         Ogni famiglia di Castagnola era proprietaria di diversi castagni.
Quasi sempre gli alberi posseduti erano dislocati in luoghi diversi, sei o sette in un bosco, cinque o sei in un altro, ecc.
I proprietari avevano la massima cura dei loro castagni, potavano i rami che non producevano più frutti, toglievano i polloni selvatici che crescevano alla base delle piante  e tenevano perfettamente pulito il terreno sottostante. Verso la fine di agosto raccoglievano le foglie verdi dagli alberi, le facevano seccare disponendole a cono attorno a un palo ( a moisca ) e le utilizzavano durante l’inverno come cibo per il bestiame.

   3. La raccolta delle castagne

        Quando le castagne erano mature, venivano raccolte battendo le piante con lunghe pertiche. 

         Per togliere le castagne dai ricci ancora un po’ chiusi si usavano le “murzenghe”, un pezzo di ramo di castagno piegato in modo da ottenere una specie di tenaglia; con questo attrezzo si apriva il riccio e si estraevano le castagne.

  Le castagne erano così importanti che venivano raccolte tutte, fino all’ultima; la signora Rosina ricordava:
A volte c’erano delle liti perché  qualcuno non raccoglieva solo le proprie castagne, ma “prendeva” anche quelle sotto gli alberi di altri proprietari…”

  La signora Franca racconta: “Ricordo che nel periodo della raccolta mia madre ci faceva alzare prima dell’alba e andavamo nella zona in cui c’erano i nostri castagni. Seduti su un sasso facevamo colazione con dei baleti” e appena faceva chiaro iniziavamo subito a raccogliere le castagne”    

  Dopo le castagne, si raccoglievano tutte le foglie cadute a terra e si utilizzavano come lettiera per il bestiame durante l’inverno.

   4. La conservazione delle castagne

        La maggior parte delle castagne raccolte veniva fatta essiccare  e quindi trasformata in farina.

         Una minore quantità veniva conservata o sotto la sabbia oppure sotto terra, alternando uno strato di foglie, uno di castagne, uno di foglie e così via.  Con questi sistemi i preziosi frutti venivano conservati per molti mesi. Alcuni conservavano una piccola quantità di castagne anche in cantina, muovendole spesso per arieggiarle da ogni lato. 

   5. L’essiccazione delle castagne

        Quasi tutte le castagne raccolte venivano fatte essiccare.
A Castagnola gruppi di 4 o 5 famiglie usavano insieme un locale che serviva per l’essiccazione.   La stanza adibita a questo uso, il “fugarà”, era la cucina che aveva un soppalco, il “gratì”,  formato da “bacchette” di legno accostate l’una accanto all’altra e appoggiate su piccole travi. 

         La parte superiore di queste bacchette era piatta e serviva come base di  appoggio per le castagne; la parte inferiore era invece angolare.

         Ogni famiglia pesava le proprie castagne poi le trasportava sul soppalco: le castagne potevano raggiungere anche il peso di parecchi quintali.    

         Al centro del locale, sul pavimento di ciappe, veniva acceso un fuoco con la legna portata dalle diverse famiglie; il calore saliva verso le castagne penetrando facilmente nelle fessure tra una bacchetta e l’altra, grazie anche alla forma angolare delle stesse. 

        L’essiccazione durava circa un mese, ma spesso le castagne venivano tenute nel fugarà con il fuoco acceso anche 2 o 3 mesi. Si aspettava che nel torrente ci fosse acqua sufficiente per far funzionare il mulino.

         La signora  Gina ricordava: “Un tempo ogni  famiglia aveva il proprio fugarà, a partire dagli anni ’40 invece un fugarà veniva utilizzato da gruppi di famiglie”                                      

    6. L’eliminazione delle bucce

         Quando le castagne erano perfettamente essiccate, occorreva eliminare le bucce.  Si mettevano le castagne in sacchi di iuta; 4 persone tenevano il sacco, ciascuna da un angolo, poi lo battevano su un blocco di legno, dalle 15 alle 18 volte. Ogni tanto si passava sotto il sacco del sapone bagnato per rendere la iuta più morbida ed evitare che si rompesse.                          

           Per separare le castagne dalle bucce si usava il vallo, un cesto rotondo con il bordo più basso da un lato.  Si andava in un luogo esposto ai venti, ci si appoggiava sulla testa il vallo contenente le castagne e si picchiettava sotto il vallo: le bucce, ormai sbriciolate e leggere, volavano via e le castagne venivano fatte cadere in un contenitore posizionato in basso.

           Tra la fine degli anni  ’40 e l’inizio degli anni ’50 alcuni acquistarono un Macchinario (a ventarora) che separava più velocemente le castagne dalle bucce.

           Raccontava il sig. Pierino: “Ricordo che io e mio cognato Giovanni siamo  andati a Ferriere per acquistare questo macchinario e l’abbiamo trasportato a spalle fino a Castagnola”. 

           Le castagne venivano poi sistemate su un lungo tavolo e selezionate, quelle da scartare venivano messe da parte e usate come cibo per gli animali, le altre erano destinate alla macinazione. 

    7.  La macinazione delle castagne  

          Le castagne secche venivano pesate, ogni famiglia prendeva per sé un terzo del peso delle castagne  fresche. I frutti venivano poi collocati in grossi sacchi e trasportati al mulino per la macinazione.                                            

          C’erano parecchi mulini dislocati sui diversi torrenti. Alcuni di questi erano stati costruiti da 5 o 6 famiglie che poi usavano il loro mulino occupandosi insieme della sua manutenzione. 

            Quello usato dalla maggior parte degli abitanti di Castagnola era U murein vecciou”  del Canà de Luga. 

      La macinazione di solito avveniva in autunno e in primavera, quando le piogge alimentavano le acque del torrente.

A volte si macinava  ininterrottamente, di giorno e di notte, alla luce della lanterna e se faceva freddo si accendeva un fuoco in un angolo del mulino.           

           A partire dalla fine degli anni ’40 le castagne venivano macinate nel mulino elettrico costruito nel paese.   

            La farina di castagne veniva conservata nei “banchè”, grandi cassapanche.           

    8.  La farina di castagne 

      La farina di castagne, ricca di calorie, era l’alimento base degli abitanti di Castagnola e ne garantiva la sopravvivenza.

      Con la farina di castagne si preparavano diversi piatti, ma il più comune era la polenta che veniva consumata giornalmente da tutte le famiglie, accompagnata da panna di latte o da ricotta.

      Con la farina di castagne si preparavano anche le frittelle e la  patona.

      Unita alla farina di diversi cereali, soprattutto quella di granoturco, veniva anche usata per fare il pane e la “polenta matta” (metà farina di castagne e metà farina di granoturco). 

     9. I castagni di Castagnola oggi

         Ormai da qualche decennio nessuno cura più i castagni.
Spiegava il signor Renato: “I lavori di pulitura dei castagni andrebbero eseguiti ogni tre anni, ma i giovani non si dedicano più a queste attività e per le persone più anziane è pericoloso salire sugli alberi.

Per questo oggi pochi castagni sono domestici, la maggior parte sono ormai selvatici e producono castagne più piccole e meno saporite di quelle domestiche”.